Ischia al tempo del coronavirus

Ischia Alba Castello Aragonese
  • A Ischia la quarantena per coronavirus è meno dura rispetto alle città. Magari abbiamo un giardino o possiamo godere di bei panorami sul mare o sulle colline. Tutto questo ci rende meno difficile rimanere in casa. Ma la paura è tanta.  Le attività commerciali e turistiche sono paralizzate. E soprattutto se il virus dovesse davvero arrivare sull’isola sarebbero dolori

Mi mancano i caffè i compagnia, le nostre chiacchiere, gli incontri del gruppo lettura, le passeggiate nel verde o alla scoperta dei luoghi più belli di Ischia. La tentazione di uscire con le belle giornate qui a Ischia è forte. Ma diciamolo: a Ischia la quarantena è più sopportabile rispetto alla città. Abbiamo (ancora) un po’ di spazio sotto casa, possiamo ammirare il mare, le colline, occuparci del giardino.   Non tutti disponiamo di tutte queste belle cose, ma forse chi ha costruito una stanza di troppo rinunciando a un po’ di verde, oggi si sta mordendo le mani a morsi.

Ma la paura è tanta
Le attività commerciali e turistiche sono paralizzate. Non si sa quanto durerà questo maledetto incubo, molti temono che buona parte della stagione turistica possa saltare con ricadute terrificanti sull’occupazione. Ma non dobbiamo cedere al pessimismo. Abbiamo il dovere di essere fiduciosi.

Sanità e trasporti a Ischia

L’aspetto più preoccupante riguarda la sanità a Ischia. Se il virus arrivasse davvero, sarebbe un dramma, forse più che altrove. Abbiamo in tutta l’isola un unico ospedale. Ce lo aveva regalato Angelo Rizzoli, un imprenditore milanese che sbarcato sull’isola si rese conto che, investendo nel turismo, avrebbe avuto un ritorno economico e d’immagine non indifferente.
Tuttavia Rizzoli intuì che non sarebbe stato possibile fare turismo in un’isola che fosse priva di una struttura sanitaria adeguata. Erano gli anni ’50. L’ospedale, dedicato alla moglie Anna, fu un vero toccasana per Ischia. Nel corso degli anni la struttura sanitaria, sia pur piccola, ha vissuto momenti di buona efficienza. Poi però è successo qualcosa. A metà degli anni ’90 cominciarono i tagli. In tutta Italia cominciò a prender  piede l’idea che per diminuire le tasse fosse necessario tagliare i servizi, che secondo un altro Milanese allora in auge, potevano essere utilmente svolti da privati. In  La scure si abbatté su scuola, trasporti e sanità.

Il  nostro piccolo ospedale, come tanti altri, ha corso persino il pericolo di essere chiuso. In tutti questi anni la chiusura non è avvenuta, ma certo molti reparti sono stati indeboliti, quasi cancellati.
Ma c’è un altro problema che si interseca con questo. Dalla fine degli anni ’70 fino alla metà degli anni ’90 Ischia e le altre isole del Golfo di Napoli erano collegate in maniera eccellente con la terraferma, grazie alla compagnia statale Caremar. Ma dalla metà degli anni ’90, la privatizzazione selvaggia ha creato grandi problemi ai trasporti marittimi, soprattutto in inverno. La conseguenza è che tante persone – infermieri, medici, insegnanti – non vogliono venire sulle isole a lavorare. Gruppi di cittadini hanno richiesto con appelli e petizioni che  le isole fossero considerate “zone disagiate” in modo da dare ai pendolari un incentivo, in termini di soldi o di punteggio, per venire sulle isole. Finora solo Capri è riuscita nell’intento. Eppure i Capresi lottano ancora per salvare il loro ospedale. Capri è ricca? Certo. Ma le malattie non guardano in faccia a nessuno.
In queste condizioni curare sull’isola pazienti affetti da coronavirus è molto difficile e altrettanto difficoltoso, per motivi tecnici, può essere il trasferimento in continente. Mi è sembrato di capire che i servizi di idroambulanza ed eliambulanza in questi casi non possano essere adoperati. Nell’unico caso finora capitato  –  un turista lombardo – è stato necessario il trasferimento in ambulanza su un traghetto  appositamente dedicato.
Capite la situazione? Non è roba da poco.

Ultima considerazione a proposito del gruppo di turisti lombardi arrivato a Ischia a fine febbraio. Le polemiche sono state innumerevoli e anche inopportune.  Un’ordinanza congiunta dei 6  Sindaci dell’isola aveva suscitato accuse varie e comunque è stata annullata dalla Prefettura. Io non credo che i Sindaci siano stati razzisti, come urlato da più parti. Ritengo piuttosto che l’ordinanza sia stata sbagliata nelle modalità. Non potevano i Sindaci di Ischia coordinarsi con la Prefettura di Napoli, con le Regioni Campania e Lombardia, per impedire ai turisti di partire o convincerli a rimandare la loro vacanza?
Oggi però dobbiamo aver fiducia. Come l’Italia urla dalle case e dai balconi: andrà tutto bene. Speriamo solo che tutto questo ci serva da lezione per il futuro. La “cosa pubblica” deve essere tutelata.

Sono Laura Mattera Iacono. Traduco dal tedesco in ambito giuridico e scrivo in italiano per il web

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